воскресенье, 25 сентября 2011 г.

Sera nella città di Modena



Di sere, nella città di Modena, ne avevano data una sola per tutta la vita. Qualcosa scattava nell'aria alle otto e ventinove. E la città, stanca per gli impegni della giornata, ancora una volta lasciava partire la stessa catena di pensieri, parole e azioni. La stessa di ieri. E di ierilaltro. E di anni fa. Tutti i partecipanti avevano già imparato i loro ruoli da tempo. E li impersonavano con naturalezza e senza difficoltà.
Alle otto e trenta era ora di cena. Il TG1, il notiziario creato appositamente per la cena, scorreva fino a riversarsi in un film americano oppure nel gioco a premi preferito dalle masse, nel quale un concorrente ogni volta nuovo, una semplice persona del popolo, cercava di indovinare in che scatola si trovassero cinquecentomila euro. Dopodichè gli davano i soldi. Tra parentesi, la scatola con cinquecentomila euro ancora nessuno l'aveva mai trovata. Indovinavano dove si trovavano cinque, dieci, cinquantamila. Felici, sorridenti, si portavano a casa quello che avevano vinto, baciavano il presentatore. La possibilità, rimandata al futuro, di sfiorare la fortuna, regalava una sensazione di felicità, di eternità in quella sera così miracolosamente infinita. Il cibo spirituale vomitato dall'occhio televisivo, si depositava sul cibo fisico e levigava la realtà, finchè non appariva, in fondo alla pancia, un lieve rombare. Questo rombare, un mormorio udibile appena sotto alla soglia della percezione cosciente, penetrava nel corpo in rivoli di languore, raggiungeva la testa, e versandosi nel cervello, regalava alla città un delicatissimo, quasi impercettibile, e per questo ancor più dolce, orgasmo. La città raggiungeva l'orgasmo tra le nove e le dieci di sera, lo manteneva fino all'ora di andare a letto e lo portava con sè nel regno di Morfeo. La dolcezza così accumulata, giorno dopo giorno, si concretizzava in bianchi cristalli di zucchero, e, bloccando i processi di putrefazione, metteva in conserva quella caduta senza fine nell'umido tepore della sera modenese.
La rotazione del pianeta trascinava Modena nella notte. I bianchi cristalli di zucchero che ricoprivano le case e le anime degli abitanti della città luccicavano nel bagliore lunare. Gli involucri iridati si spaccavano con un crepitio e le pupille dei modenesi, solitamente non più grosse del segno lasciato da un ago, si espandevano in una fessura verticale a forma di lenticchia. Sulle schiene delle leonesse da salotto e dei loro rispettabili consorti, delle casalinghe, dei ragazzini e delle ragazzine adolescenti, una tenera peluria, invisibile ad occhio nudo, si metteva a fluttuare al ritmo delle onde elettriche che invadevano le vie della città, battevano sui muri delle case, scorrevano sulla superficie dei corpi.
La cena era quasi finita. In diverse parti della città, nelle cucine e nelle sale da pranzo, gli uomini si alzavano da tavola e annunciavano ai familiari il proprio desiderio di andare al cinema. La famiglia annuiva bonariamente e li lasciava andare, restandosene imprigionata tra i raggi dolcemente tremolanti degli schermi televisivi. Dopo qualche minuto, le mogli degli uomini che si erano appena dissolti nel vano della porta, si ricordavano che un'amica le aveva invitate a teatro. Trasfigurate dall'eccitazione data dalla previsione di sofisticati piaceri, si buttavano addosso in gran fretta un lussuoso abito decolté, e sparivano anche loro.
Rimasti soli, i membri secondari della famiglia, bambini, generi, nuore, nonne, nonni, a seconda dei casi, sparecchiavano, lavavano i piatti e dopo aver goduto un'altro po' dell'allegro flusso delle trasmissioni televisive, andavano a riporre i loro corpi stanchi nei sarcofaghi dei letti, imbottiti con materassi in lattice e cuscini ortopedici chiamati a rendere più facile il processo di separazione del corpo del sogno dalla prigione del corpo fisico. Si staccavano, semitrasparenti, gli occupanti dei sarcofaghi e dopo aver vagato un po' per la stanza, uscivano svolazzando dalla finestra e si dissolvevano, sbiaditi puntini fra le stelle.
Passata la mezzanotte tornavano a casa i padri di famiglia, canticchiando la melodia principale del film del momento. Dopo arrivavano le loro consorti col vestito da sera e il programma del teatro in mano. Parlando sottovoce, prendevano con cautela le tazze dalla mensola, per non svegliare quelli che si erano già avviati nell"abituale escursione notturna all'altro mondo, si bevevano una camomilla e, con gli occhi luccicanti, si raccontavano quello che avevano visto. E andavano a dormire. Si spegnevano le finestre. Volavano pallide ombre.

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перевод: Катерина Гарау